
(…) Plancia – lo chiamavano tutti col solo cognome – arrivò in Sudafrica nel 1966 insieme a mio zio Giorgio, il fratello più giovane di mio padre. …
… Ogni preoccupazione di Silvia Plancia e della figlia adolescente Claudia per l’improvvisa (per loro) migrazione in terra d’Africa venne fugata da un certo sfoggio di benessere: Plancia li prelevò all’aeroporto con una grossa automobile americana, li portò a mangiare in un ristorante moderno e li sistemò in una spaziosa casa al numero 65 della Webb Street, nella parte alta di Yeoville, a pochi isolati da dove abitavano Piero e Serafina.(…)
Quando entrarono nella nuova casa i Plancia non sapevano, come non lo sapeva quasi nessuno degli abitanti dei quartieri Yeoville e Bellevue, che a duecento metri da casa loro, al numero 52 della stessa strada, ci fosse una della diverse safe houses, rifugi clandestini, del partito comunista sudafricano. Agli inizi degli anni Sessanta, durante la fase più calda della opposizione al governo, Nelson Mandela si era nascosto per qualche settimana proprio in quella casa, di proprietà del giornalista radicale ebreo Wolfie Kodesh.
Durante la clandestinità Mandela venne ritratto più volte da Eli Weinberg, fotografo ed ex-prigioniero politico, incaricato all’ANC di produrre una foto iconica alla pari di quelle che ritraevano leader di movimenti di liberazione in pose eloquenti. A casa di Kodesh Eli Weinberg costruì ad arte l’immagine di un Mandela “nobile etnico” in posa pensierosa, a petto nudo, avvolto in un coperta, con una fascia decorata in cuoio stretta attorno al braccio. Attorno al collo una larga collana Xhosa, l’unico elemento “vero”: la coperta in realtà era un copriletto di ciniglia, e la fascia di cuoio era un collare per cani.

Eli Weinberg morì in esilio ed è sepolto a Dar es Salaam. La data della morte, l’ennesima significativa combinazione, è il 18 luglio del 1981, lo stesso giorno in cui Nelson Mandela compiva 63 anni, rinchiuso a Robben Island.