Il gigante senza scarpe

(…)Arrivato da qualche giorno, unico bianco della squadra di montaggio e senza conoscenze in città, Ardesio stava cenando da solo nel ristorante del suo albergo, dove gli altri operai della squadra non sarebbero comunque  stati ammessi, nemmeno se avessero avuto i soldi per pagarsi un pasto. Il ristorante  e il bar dell’albergo erano in un unico locale affacciato su un giardino interno, con alberi da frutta delle più diverse specie. Un bel cambiamento rispetto alla desolante e fredda monotonia  di vegetazione che si sera lasciato alle spalle in Svezia.
Al tavolo accanto arrivò e  si sedette una coppia locale, sulla trentina. L’uomo, altissimo con lunga e folta barba bionda, indossava camiciotto e pantaloncini corti color khaki, piuttosto aderenti, che mettevano in risalto braccia e gambe muscolose. La donna, alta anche lei,  portava un largo vestito che un po’ nascondeva le sue forme e un po’ le lasciava intuire. Ardesio immediatamente capì dall’abbigliamento molto spartano e dall’aspetto generale del gigante barbuto, che era un afrikaner, un boero di origine olandese. Abbassando gli occhi, ne ebbe conferma: l’uomo era scalzo.(…)
Bergendal, la tenuta del Gigante senza Scarpe, che noi chiamavamo familiarmente “Boet”, ossia fratello, era spesso meta di vacanze. Qui sono con un giovanissimo Stefano Tealdi, nato a Johannesburg ed ora attivo in tutto il mondo come film-maker titolare della “Stefilm” di Torino

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